Thomas suona

un racconto di Gabriele Avanzinelli,
editing di Anna Chiara Bassan.

Sono le 11 di domenica mattina. Il mio appartamento dorme ancora. Il silenzio è interrotto da una lenta vibrazione che gradualmente aumenta e inizia a trasformarsi in un rimbombo che invade tutta la casa.

È domenica mattina.

Il fragore scende dall’alto del balcone, scivola verso il basso, plana sulla navata centrale illuminata dal fascio di luce variopinto di blu che pervade dal rosone e dalle vetrate dei finestroni laterali, si espande nello spazio e si trasforma in suono. Sorvolando le acute volte ogivali dell’androne, si introduce lungo le gallerie del triforio raggiungendo i matronei, svetta fra gli archi a sesto acuto, passa per le volte a crociera delle cappelle accarezzando gli altari minori e avanza in alti e bassi, intersecando perpendicolarmente all’altezza del presbiterio il transetto per raggiungere l’abside.

Qui rallenta la sua fuga e con giri di danza risale in alto, fino a raggiungere il crocifisso di legno che pende dalla cupola sopra l’altare maggiore. Con un tonfo, il tono piomba giù, in basso. Sempre più cupo, passa sotto le panche rasando le enormi fredde lastre tombali di marmo che coprono il pavimento, accarezza le lapidi di santi ormai polvere e, a metà navata, si ferma di scatto, senza avvisare: uno, due, tre, quattro secondi.

Di un sol fiato, il suono esce nuovamente allo scoperto e s’innalza a velocità smisurata verso le cupole del soffitto che prorompenti lo rinviano verso il basso, sarebbe voluto uscire lungo le guglie per librarsi nel cielo, ma è chiuso, imprigionato, costretto in un reticolo di pareti che lo trattengono, trastullano, sballottano, rimbalzano in un nauseabondo vortice di toni.

Brevissimi sono i momenti di respiro che lasciano entrare i credenti a sedersi sulle lunghe panche di legno consumato da infinite litanie di anziane ombre ricurve dentro a fazzoletti neri senza pizzo. Le mani serrate, le ginocchia immobili, le ossa che dolgono contro il duro legno di inginocchiatoi stagionati da anni di devote preghiere, di osate suppliche a Dio, invano ascoltate.

Come dentro a vecchie slot machine, le orazioni tintinnano: unico sottofondo che ora si è fatto lieve, silente, quasi impercettibile. Di colpo, con moto accelerato, il suono riprende a tuonare per annunciare il fulmine: la carica di fuga che si interseca fra i leoni dei pulpiti, le colonne, i capitelli. Cerca una via di scampo, ma non ci riesce, resta prigioniero di questo luogo di culto e prima che il parroco lo fermi con sacre parole, rimane potente in tutta la sua energia.

Uno, due, tre, quattro.

Ormai innumerevoli suoni si rincorrono, nascondono, acchiappano, sorpassano cercando per primi gli spazi vuoti da riempire, da colmare, per saziarsi di quei silenzi che sono il loro pane. Come infuocate, le canne sbuffano alti fumi melodici di tonalità sublimi; il pavimento vibra, le pareti vibrano, i vetri dei finestroni vibrano, il rosone gira, i candelabri danzano dal soffitto, tutto sembra sbriciolarsi da un momento all’altro, il tuono delle note degenera in un brioso roboante andante che si perpetua centrifugo su se stesso generando un’osmosi completa fra il mondo e l’oltre che solo la forza di mantici impazziti riesce a domare.

D’improvviso, quell’idea di suono, che ancora è lì a permeare le pareti di questo piccolo appartamento di Duisburg, svanisce completamente per lasciare spazio al silenzio di questa domenica mattina.

Thomas è il mio vicino di casa. Abita sotto di me, al terzo piano.

Thomas non vive da solo: in salotto ha un grande organo da chiesa le cui canne sono disposte lungo tutte le pareti, in più file che circondano lo strumento posto al centro della stanza.

Il sogno di Thomas era quello di diventare un famoso organista dell’Opera del Duomo di Colonia, ma non è riuscito a realizzare il suo desiderio: insegna matematica in un liceo di provincia ad alunni che poco capiscono di matematica e niente sanno della musica che può uscire dalle canne di un organo.

E tutte le domeniche mattina, alle 11, quando la scuola è chiusa, nel suo duomo privato, suona la sua Messa di Gloria.

tutte le fotografie di Elisabetta Nari.

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