Proboscide

un racconto di Alessandro Tesetti.

Riccardo cammina per strada con la testa piena pienissima di cianfrusaglie.

Ai piedi porta le solite scarpe bucate, dovrebbe cambiarle ma non ha soldi né voglia né tempo. Il freddo pizzica, somiglia a uno stuzzicadenti appuntito, quando respiri ti entra fra i denti e ti rende vulnerabile. Riccardo cammina e pensa proprio alla sua vulnerabilità, come sarebbe facile adesso ma proprio adesso che un ricordo venga e mi strapazzi tutto. 

Non hai fatto in tempo, l’orario di visita è finito mezz’ora fa, non hai fatto in tempo, dai lo saluti domani nonno eh?

Riccardo sente quella frase ed è come un po’ precipitare giù giù ma sempre più giù e continuare a cadere e sentire il vento il turbinio e non toccare mai terra, sarebbe più semplice e meno doloroso sfracellarsi a terra invece stai lì in preda ai venti aspettando il contatto ma il contatto non arriva CAZZO CAZZO CAZZO. 

Che razza di freddo pensa Riccardo, è solo novembre, figuriamoci a febbraio quando finiti gli esami avrò voglia solo di uscire e ubriacarmi e scopare con sconosciute conosciute nell’angolo più buio del bar. E con la scusa del freddo dirò loro di venirmi vicino e di scaldarci un po’, tu non hai freddo? Certo che si gela, dovremmo ripararci di più e stringerci nella notte e proteggerci dalle intemperie, perché non…?

Riccardo alterna la vista ora alle sue scarpe bucate ora al cielopelle color elefante.

Si accende una canna, vuole smettere di pensare e smettere di sentire non hai fatto in tempo, dai lo saluti domani nonno eh? …
Bastano poche boccate per offuscarsi e camminare più lentamente e diminuire le palpitazioni che con l’ansia, le paure, i ricordi ordigni, tutto ti esplode in petto.

Ora Riccardo vede una proboscide scendere dal cielo, ma certo ma certo con questo cielo che è un elefante deve pur vedersi una proboscide! Ed è lì che penzola, lunga, dritta, rugosa. Ora mi ci arrampico! Vado vado vado…

All’improvviso un rumore metallico, un tonfo, un antifurto. La proboscide sparisce e Riccardo non pensa più alla proboscide, ma vede un motorino distrutto sotto una macchina, il corpo di un ragazzo con in testa un casco da cui esce sangue, il corpo inerme sui sampietrini. Anche quello nella macchina ha la fronte sul volante e sembra non muoversi.

Riccardo scappa dalla paura, fa finta di niente, gira l’angolo e inizia a correre e mentre corre più forte che può pensa al ragazzo forse morto disteso a terra, potevo essere io… forse la proboscide è venuta a raccoglierlo, e mentre corre consumandosi i polmoni non hai fatto in tempo, dai lo saluti domani nonno eh?… potevo essere io… 

Quando arriva a casa, la casa è vuota, non c’è nessuno, è terrorizzato vorrebbe parlare con qualcuno, necessita d’un corpo da abbracciare e farlo calmare, diminuire la palpitazioni… ma non c’è nessuno e allora chiama Tiziano ma Tiziano non risponde.


Ma devi proprio andare?
Sì, devo studiare.
Ma cosa devi studiare che manca un mese al primo appello.
Sì ma voglio iniziare, non ridurmi all’ultimo.
È che non vuoi stare con me, dillo che non vuoi stare con me.

Ma che dici, certo che voglio stare con te.
No non è vero, ora vattene lasciami stare.
Ma perché devi fare così? è stata una notte fantastica…
Vattene ho detto, Tiziano vattene non farmi arrabbiare.
Ma che ho fatto?

Tiziano ancora? Hai detto che devi andare, bene vattene, ciao.
Boh io non capisco, davvero non…
Tiziano abbiamo due visioni della cosa diverse, io non credo che corrisponderà mai, vattene, lasciami ciao.
Va bene, ciao allora.

Tiziano scende le scale, scale che ormai conosce benissimo e sa farle a due a due o a occhi chiusi. Infatti quella casa la frequenta ormai da mesi tutti giorni e molte molte notti. Tiziano ha conosciuto Irene all’università, è pugliese e ha preso stanza in affitto a San Lorenzo.

Le prime esperienze sessuali di Irene e la novità di avere un posto dove andare e sentirsi meglio che a casa per Tiziano, hanno portato i due a chiudersi in camera e scopare continuamente. In due mesi saranno usciti un paio di volte, Irene non conosce neanche bene bene Roma, quando Tiziano le dice Poi ti porto allora, lei risponde sì sì… ma le settimane passano e loro si vedono all’università, si incontrano tra una lezione e l’altra, si desiderano e poi vanno a casa e si tolgono i vestiti. 

Per lei scopare è una cosa del tutto nuova, rappresenta più di tutto libertà, indipendenza, emancipazione.

Prima di venire a Roma ha avuto rapporti ma sempre squallidi e patetici. Fidanzata con Augusto e Pietro, con Augusto si univa nei campi, fra fratte, nei cespugli, dietro gli alberi, l’estate è bello al buio con le lucciole quelle poche rimaste e le stelle e l’odore di legno e muschio… ma l’inverno era un problema, il freddo rendeva la nudità un blocco di ghiaccio e il piacere del sesso veniva compromesso.

Pietro invece aveva la macchina e quindi lo facevano in parcheggi abbandonati, nelle vie defilate e buie, in posti tristi e ventosi.

Quindi il sesso per Irene non è mai stato una bella esperienza, inoltre in paese tutti la vedevano come una cosa brutta e selvaggia, e le sparlavano dietro dandole della poco di buono i vecchi e della troia i giovani.

Con Tiziano invece le piace molto, sa dove baciarla, sa come toccarla, sa quando spogliarla. Tiziano la sente, sente il suo corpo, non è solo venire e appagarsi, è fabula e intreccio, è combustione e commistione.

Irene è rimasta nuda nel letto quando Tiziano se n’è andato, guarda il soffitto delusa. 

Tiziano è sul suo motorino di ritorno a casa e si chiede il significato di Tiziano abbiamo due visioni della cosa diverse, io non credo che corrisponderà mai, vattene, lasciami ciao. Gli risuona nella testa e non capisce davvero. Con Irene è bello e sto bene però credo sia andato tutto troppo di fretta e poi a volte è così infantile che mi infastidisce davvero, cioè sono settimane che stiamo insieme, io voglio stare anche un po’ per conto mio… e poi sempre rinchiusi in quella stanza quando il mondo fuori è davvero bello bisogna solo sfamarsi gli occhi e guardare le cose e comprenderle e saettare in motorino agli incroci e sentire il vento e non fermarsi mai. 

Due visioni della cosa diverse, ma che cazzo significa?
Tiziano dallo sforzo della comprensione chiude gli occhi e poi l’impatto, sente un contatto cazzo cazzo cazzo poi più niente, si ritrova a terra, anestesia.
Irene vuole scusarsi con Tiziano e lo chiama ma Tiziano non risponde, boh starà ancora in motorino… pensa lei.


Federico sta tornando a casa dopo dodici ore di turno, ha passato la notte di guardia per poi essere trattenuto la mattina dal capoufficio. Federico si è arruolato quattro anni fa grazie al concorso di volontario in ferma prefissata di quattro anni è un militare di truppa, per questo è costretto a seguire gli ordini più indegni: pulire i cessi, fare le fotocopie, portare il caffè al generale o alzare la sbarra all’ingresso per le macchine, stare le notti in piedi senza battere ciglio immobile fissando il vuoto davanti. 

Federico ha solo ventitré anni ma si sente molto più maturo rispetto ai suoi coetanei, forse perché ha già un bel po’ di soldi da parte, una casa in affitto, programma il matrimonio con Laura. Litigano spesso perché lei vuole restare a Salerno e gli dice di scendere, che può chiedere il trasferimento, magari aspettare un annetto e quando sarà caporale chiedere l’assegnazione alla caserma di Persano.
Federico invece vuole restare a Roma, non che Roma gli piaccia ma vuole crescere i suoi figli a Roma.

Per Laura è no e no.

E la casa? Le fa Federico.
Ma è una sistemazione la tua, è una casa in affitto, non c’è vincolo…
Si ma ci sono affezionato ormai.
Ma che vuol dire? è piccola dovremmo comunque trasferirci.
Macché piccola, ci arrangiamo.
No senti Federico io non mi arrangio come dici tu, o vieni tu a Salerno o…
O?
Com’è andata oggi a lavoro?

Laura sapeva sempre quando cambiare discorso.

Quando sentiva di star creando una situazione spiacevole cambiava discorso. Poi la lontananza non aiutava, il non vedersi per giorni e trovarsi il fine settimana cambiati e magari confusi, a volte nuovi, diversi, di certo stanchi. Col lungo andare erano più legati ad una certa idea di loro due più che al sentimento di oggi. Era più la certezza rassicurante dell’altro, che qualunque cosa succeda so che al mio fianco trovo Laura o Federico. Perché da sempre parlano di futuro e insieme hanno costruito un giardino, un tetto, un passeggino, una station wagon che porta al mare la domenica. Vivendo con questa tensione rivolta sempre al futuro non si sono accorti che stavano perdendo tanto di quel presente, che se avessero parlato di altro non avrebbero parlato di niente. I loro discorsi iniziano tutti con faremo… andremo… sarà… avremo…

Io voglio bene a Laura, non so se l’amo ma certo che l’amo, penso a lei, voglio lei qui con me, è lei che cerco, ma a volte non mi manca e scendere il fine settimana diventa faticoso, e quando decidi tu per me, quando mi dici di andare a vivere a Salerno io impazzisco, sono io che dovrei prendere decisioni, sono io l’uomo… e poi a me Salerno non piace, non mi piacciono i tuoi amici, non mi piace tuo padre che fa il saputello con me, solito colonnello in pensione della guardia di finanza. I miei figli non voglio vederli crescere nella periferia del mezzogiorno, così diventano criminali, come se non li conoscessi i campani, tutti ‘na razza so, scansafatiche e perdigiorno…

Ma certo che l’amo Laura però ultimamente non me la racconta giusta, mi risponde ai messaggi dopo ore, quando la chiamo parla sempre a bassa voce o dice di esser stanca. L’ultima volta che sono andato da lei, ormai due settimane fa, era schiva, nervosa, pallida, abbiamo scopato solo una volta per di più controvoglia. Forse si è trovata un altro quella… quella putt… ma cosa dico, cosa sto dicendo, Laura non lo farebbe mai, e se invece fosse così? Io divento matto, io impazzisco…

Federico vede sbucare un motorino, sta andando veloce il piede è piantato sul pedale dell’acceleratore e non fa in tempo a frenare e l’impatto… un forte dolore alla testa.

Buio.


Claudia che non aveva la pelle molto liscia da tempo ormai, assiste all’incidente, resta per un attimo paralizzata, poi lascia le buste della spesa che aveva in mano facendole cadere e corre in direzione del corpo sdraiato. Gli mette una mano sul collo, l’ha visto fare in tv, ma non sa dove toccare davvero.  

Trova la vena, sente i battiti, è vivo.

Mi raccomando, vivi ti prego, o signore mio o madonnina ma che mi combinate è solo un ragazzo, è solo un… AIUTO AIUTO CHIAMATE UN AUTOAMBULANZA. Ma non c’è nessuno e Claudia non sa che fare, vorrebbe toccare il corpo, fare qualcosa, ma non… prende il telefono e compone il numero. Di scatto si gira a guardare l’auto, si ricorda anche dell’altro ferito. Si avvicina alla macchina e bussa sul finestrino, prova ad aprire la portiera ma è chiusa, allora bussa di nuovo sempre più forte, ma non si sveglia. SÌ pronto, pronto un INCIDENTE macchina e motorino in piazza dei Sanniti… sì, FATE PRESTO, il ragazzo è solo un ragazzo madonnina mia il ragazzo è per terra perde sangue TANTO sangue fate presto o GESÙ MIO…

Claudia torna al corpo del ragazzo, non sapendo che fare inizia a pregare e piangere.

Tira fuori dalla borsa un rosario, in ginocchio prega ad alta voce, ancora nessuno viene ad aiutarla.

Claudia pensa è solo un ragazzo, poteva essere mio nipote. Ogni lacrima che scivola sul viso finisce sulla gamba del ragazzo, cadendo il jeans si è strappato e una lunga escoriazione gli percorre la gamba nuda, le lacrime si mescolano al sangue e Claudia grida aiuto aiuto ma nessuno arriva, nessuno sembra sentirla. Claudia non ha più voce, è stanca, le fa male il petto, pregare e piangere rubano energie e ossigeno.


Arriva l’ambulanza, sono tre gli operatori e decidono di dividersi: uno pensa al conducente della macchina, uno alla signora, un altro al ragazzo. Elena è la prima a scattare verso il corpo steso a terra, porta un collare, una tavola spinale. Gli mette la mano sul collo, è vivo. Resisti ok? cavolo potresti essere mio fratello… resisti ok? 

La signora viene portata via, ora Elena e il corpo che non risponde restano soli. Elena nota che al collo del ragazzo c’è una collana di caucciù ma è impregnata di sangue. Elena sente un improvviso vento di dolore. Non le è mai successo, è la prima volta, sa che deve restare vigile, padrona delle sue emozioni, ma stavolta non ci è riuscita. 

Elena credo che io e te non siamo fatti per stare insieme.
Continui a fare sempre di testa tua continui.
Devi capire quand’è il momento di smetterla, le tue sceneggiate sceneggiate sono.
Elena ma davvero credi in Dio? sei tu che salvi le persone mica lui.
Forse s’è fatto tardi, meglio che io vada.
Elena perché non mangi? Ti vedo sciupata Lenuccia, adda mangià.
Elena non ti ho mai amato non so perché c’ho provato, ti giuro c’ho provato ma non riesco ad amarti.
Non riesco ad amarti. Iononriescoadamarti… non riesco… nonriescoadamarti.

Arriva un suo collega e la scuote, le urla contro qualcosa che lei non capisce. Mettono il corpo del ragazzo sulla tavola spinale, lo alzano e.


Tiziano schiude gli occhi appena appena, riconosce dal cielo forse una proboscide, sente una mano anziana toccargli il braccio, sente una vibrazione provenire dalla tasca del suo pantalone.

Buio.

all pictures by Vivian Maier.

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