Piccolo manuale per ragazzi “interessanti”

un racconto di Anita.

Sono a bere una roba in Sansa.

È buffo. Questa città ormai mi sta estremamente stretta. Claustrofobica una vita tra quattro mura di un locale. Forse tristi dei mesi trascorsi tra un drink e l’altro.
Ho visto le persone disperarsi con un bicchiere in mano, piangere come bimbi alle undici e un quarto di un mercoledì di Natale . Babbo natale non arriva quaggiù. Tutti nella lista nera. Il non essere consapevoli non ti fa conoscere in che cosa consista il bene.

Qui c’è una ricerca di bellezza alternativa.

Colori sgargianti per apparire eclatanti in una monocromia di una città industriale.
Che palle. Qui devi esagerare. Qui devi fingere di sapere. Devi intrattenere un pubblico di piccoli stronzi benestanti che si divertono a fare i futuri politici. La politica è da puttane. Devi incantare ragazzini di ogni età con il tuo sapere fare una frase con un congiuntivo, togliere superlativi tipo “fighissimo” troppo poco alla loro altezza. Cazzo, “fighissimo” rientra nelle mie parole preferite da utilizzare quando non sai che cazzo dire e come cazzo sottolineare l’entusiasmo che hai generato forzatamente tu stesso per apparire interessato.

“Fighissimo questo posto” oppure “Fighissima questa serata”. In realtà stai detestando ogni singolo attimo di questa fighissima serata in questo fighissimo posto.
E forse hai solo bisogno di provare l’ebbrezza di trasformarti in ciò che tenti goffamente di essere, di apparire. Forse è la necessità che abbiamo tutti.
In questa città, devi fumare, fumare tanto, oppure essere in grado di accenderti una sigaretta esattamente nel momento più consono, quello in cui il tuo viso accentua un’espressione alquanto forzata di passione e emotività nel raccontare quante volte tu abbia pisciato sta sera. Non sai trovare argomento più interessante.

E allora fai due tiri e cerchi di esporre la tua epopea di pisciate in quel bagno lurido mentre provi a dargli un non so che di eroico. Prima convinci te stesso. In seguito convinci gli altri

Ti assicuro che funziona.

Nella movida di questa città del nord Italia, in cui non si vede il sole trecentosessanta giorni l’anno, la disperazione prende il sopravvento. Probabilmente siamo tutti intrappolati in una sfera di comfort che hanno creato i nostri genitori per noi e che porteremo avanti per le generazioni future. Siamo stati fortunati, senza dubbio. Siamo qui tutti insieme, a spendere la nostra paghetta in whisky sour, porca puttana. Ricordati la birra non si beve la sera. A meno che tu non la beva direttamente dalla bottiglia, se la bevi da un bicchiere sei un cretino.
Devi parlare come se tu stessi per prendere il volo da un momento all’altro, sii il più scenografico possibile, muovi le mani e mima ogni parola che esce dalla tua bocca.

Se dici voglio fumare, contemporaneamente fai il gesto di fumare, come i bambini che utilizzano un grissino come fosse una sigaretta. Se alle due di notte ti decidi di andare a casa, costruisci con entrambe le mani una casetta. Pavimento, soffitto, pareti e tetto. Poi magari mentre concludi con il tetto sei già troppo sbronzo e pensi alle tette e scoppi a ridere, perché non ti capaciti di come la tua mente sia riuscita ad essere così tanto sconclusionata.

Giochi di parole.

Se vuoi passare una serata senza sentirti fuori luogo in questa città dovresti indossare una coppola, perché da quando è in voga Peaky Blinders, tutti giocano a fare i gangster e sembra di essere retrocessi nei ruggenti anni venti. Se sei una dolce ragazzina con i capelli fluenti devi sederti con le gambe accavallate, tenere una sigaretta che ormai ha preso il posto degli anelli alle dita e ridere a qualche battuta, oppure fare qualche osservazione su quanto tu sia contraria ai cambiamenti climatici, che poi contraria ai cambiamenti climatici non vuol dire un cazzo, ma nessuno se ne accorgerà, te lo garantisco.

Se invece sei un maschione nel pieno della tua pubertà, fai in modo che le persone distolgano l’attenzione dall’acne sul tuo visto alle belle parole articolate che butti in modo sconclusionato in una frase composta da quattro parole. “Pecco di acribia filologica “. Li hai lasciati tutti a bocca aperta.

Se vuoi apparire interessante, qui, in questa parallela di Via Nizza, dove per un anno e mezzo ci ho passato i miei sabati sera, devi essere non te stesso, dopo qualche mese, ti assicuro che pian piano ti trasformerai in un’altra persona e non dovrai più fingere.

Ci vediamo domani sera. Intanto vado a prendere una Menabrea in bottiglia.

tutte le foto di Oumayma Btanfous.

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