L’odore delle mandorle amare

un racconto di Gianluigi Bodi,
editing di Alessandro Tesetti.

Quando il campanello suona Riccardo ha appena finito di vestirsi e questo non può che essere un buon segno.

L’appartamento è in ordine, il branzino è nel forno. Ha calcolato i tempi e gli sembra che le cose stiano andando come ha programmato. Si guarda allo specchio vicino all’entrata e annusa l’aria.

L’odore del pesce e delle patate si mescola a quello del sugo di gamberetti ormai pronto.

Apre la porta e lì, sulla soglia, c’è lei con il suo sorriso dolce e giovane. Ha portato una bottiglia di Chardonnay che porge subito a Riccardo. È truccata come piace a lui, un velo leggero di fard sulle guance, un accenno di eyeliner, solo le labbra sono nude.

Laura si toglie il cappotto, la coda di capelli ondeggia e poi si adagia su una spalla, lui prende il cappotto e lo appende all’attaccapanni vicino allo specchio.

«Mi tolgo le scarpe?»
Riccardo le guarda i piedi, ci pensa.
«Non serve», dice.
«Che buon profumo.»
«Branzino e sugo di gamberetti.»
Laura annuisce, si avvicina alla tavola in salotto.
«So che quando sei sotto esame non bevi, ma che ne dici di un bicchiere di prosecco.»
«Solo due dita, ho scienza dei materiali.»

Laura va verso l’ingresso, dalla borsetta estrae un pacchetto.

Lo porge a Riccardo.
«Buon compleanno», lo bacia sulle guance.
Riccardo scarta il pacchetto e dentro trova L’amore ai tempi del colera. La ringrazia, le dice che non doveva, poi appoggia il libro su uno scaffale.
«Lo inizierò subito», le dice.

Riccardo mette la pasta a cuocere e controlla il branzino. Laura cammina per il salotto, guarda i titoli dei libri sulle mensole, guarda le foto.
«Chi ce l’ha scattata?» chiede.
«Non te lo ricordi?»
Lei scuote la testa.

Scola la pasta, ci aggiunge il sugo e si sporca la camicia. Osserva la costellazione di piccole macchie sul tessuto bianco e per un attimo si rende conto che potrebbe anche piangere. 

«Di solito sono io che mi macchio», dice Laura, forse per stemperare l’atmosfera che ha percepito tesa.
«Non importa, non sono nemmeno sicuro che mi piacesse.»
«Ti sta bene però.»
«Grazie amore.»

Si siedono a tavola, Riccardo apre la bottiglia di Chardonnay e ne versa un po’ dentro a due calici.

«Anche tu stai bene vestita così», dice lui.
Un vestito nero con motivi floreali multicolore, fa risaltare i capelli biondi di Laura.
«Sei sempre stato bravo a cucinare.»
Riccardo sorride, accetta il complimento con un’alzata di spalle che vuol dire: che ci posso fare, sono portato.
Poi sparisce per un attimo, inghiottito dalla zona buia della casa e quando torna ha in mano un pacchettino. Lo poggia sul tavolo.
«Lo apri quando abbiamo finito di mangiare.»

Laura annuisce, sa già cosa c’è dentro come lui sapeva cosa c’era dentro al regalo che gli ha dato lei.

Mangiano il branzino e le patate, sorseggiano il vino e mentre masticano parlano della loro giornata, degli studi di lei, dell’artrosi di lui.
Riccardo sparecchia la tavola e Laura accende lo stereo. Il salotto viene invaso dalle note di una canzone di quarant’anni prima, una canzone che non ha avuto molto successo, ma che lui conosce benissimo.
«È la tua preferita», le dice.

Laura accenna due passi di danza, poi allunga la mano verso di lui, lo invita a ballare, ma lui si ritrae.

«Meglio di no», le dice indicandole la gamba.
Lei vede che lui zoppica, non se n’era accorta prima. Di sicuro l’ultima volta che si sono visti lui non zoppicava. Avrebbe voglia di chiedergli se è successo qualcosa, vorrebbe chiedergli se ha avuto un incidente, ma poi capisce che non deve farlo e torna tranquilla verso il tavolo.

Riccardo tira fuori una torta dal frigo. Un semplice pan di spagna ripieno di crema alla frutta e ricoperto di fragoline. Non c’è scritto nulla. Ci sono solo due candeline a forma di numero. Laura vede il quattro e il sette e poi gli stoppini che si accendono. 

«È la tua torta preferita», dice lui.
«Ma è il tuo compleanno, dovevi scegliere qualcosa che piace a te.»
«Tu sei il mio regalo più grande.»
Laura per un attimo pensa a quello che deve dire, non ricorda più. Riccardo aspetta con il coltello a mezz’aria, la lama illuminata dalla luce del lampadario che vibra sotto gli occhi di lei.
«Sono sempre felice quando sto con te.»

Mangiano il dolce, Laura gli chiede se lo ha fatto lui e quando Riccardo annuisce gli fa i complimenti. 

«Ora puoi aprire il pacchetto», dice lui.
Lei scioglie delicatamente il nastro, lo arrotola attorno al collo della bottiglia, scosta piano i lembi della carta, ma lui le dice di romperla altrimenti non vale. Lei pare non aspetti altro e inizia a strappare con foga la carta che avvolge il piccolo pacchetto e dentro ci trova un astuccio in plastica, lo apre e adagiato su un letto di cotone c’è un lucidalabbra di Yves Saint Laurent. Lei batte le mani di gioia, come una bambina, apre il lucidalabbra e fissa Riccardo negli occhi come a chiedergli il permesso.
«Puoi.»

Lei si passa il pennello sulle labbra carnose che subito diventano rosse e lucide.

Riccardo la guarda mentre muove lentamente la mano, guarda la sua bocca che si illumina, diventa lucida, golosa come una ciliegia, una bocca che prende vita davanti ai suoi occhi.
«Così va bene?» chiede lei.
Riccardo annuisce, ha gli occhi lucidi che brillano quanto la bocca di lei. Si versa del vino e lo beve tutto d’un fiato.

Lei si alza, si avvicina a lui, si china sul suo viso e gli stampa un bacio sulla guancia, poi ritorna a sedersi, sa che la cena è quasi finita. Sa che lui le chiederà se ha voglia di un caffè, sa che dirà di no perché vuole dormire e quando lui dirà che ha anche quello decaffeinato allora, a quel punto, lei acconsentirà a bere il caffè.

Arriva la tazzina fumante, l’aria si riempie di un nuovo profumo, lei sorseggia il caffè con calma, quasi a voler allungare quell’ultimo istante per sempre, perché forse c’è qualcosa in lui che le fa pena. La tazzina si macchia di rosso.
Lui inizia a sparecchiare la tavola, rimette la torta avanzata in frigo, butta nel cestino le candeline, il sette e il quattro azzurri si perdono tra la spazzatura.

«Era tutto buonissimo», dice lei.
«È la compagnia che migliora il cibo», le dice mentre mette i piatti sporchi nella lavastoviglie.
Poi si ferma, resta immobile in attesa.
«Beh, si è fatto tardi, mi sa che è meglio che torni a casa, domani vorrei alzarmi presto e studiare un po’.»

Lui le dice che è una buona idea. Che se continuerà a comportarsi con giudizio avrà un sacco di soddisfazioni.

«Grazie papà.»
Lo abbraccia, gli stampa un altro bacio, stavolta sull’altra guancia. Lui l’accompagna alla porta, le augura buona notte.
«Ci vediamo nel fine settimana?» chiede.
«Certo.»

Indossa il cappotto, mette il lucidalabbra nella borsetta e si volta a guardarlo. Non dice nulla.
Lui estrae dalla tasca alcune banconote e gliele passa, lei le mette via senza guardarle.
«Buon compleanno Riccardo.»

Poi esce e lui chiude la porta. Nel corridoio male illuminato lei scioglie i capelli e si toglie il lucidalabbra con un fazzoletto di carta. Prende il cellulare dalla borsetta.
«Ho finito, mi vieni a prendere?»

«Sì, tutto come al solito…no non c’è niente che non va…sì mi ha pagata è solo che…non so, ho avuto la sensazione che questa sia l’ultima volta, l’ho visto male…e vabbè, cinquecento per un paio d’ore fanno comodo… ma no no, lo sai che non vuole scopare…ma quale affezionata, faccio solo finta, dai non diciamo cazzate, senti, muovi il culo dai che ti aspetto qui giù.»

Esce sulla strada, si accende una sigaretta e pensa alla torta che era davvero buona. Infila la mano nella tasca del cappotto e con le dita accarezza le banconote. Le trova ruvide e calde, come se lui le avesse tenute al sicuro, per lei. Pensa che forse avrebbe dovuto fare l’attrice, magari non sarebbe finita a fare quello che fa, magari verrebbe pagata di più per fingere di essere qualcun’altra. Arriva un’automobile, sale e scompare.

Riccardo la guarda allontanarsi, non le ha mai detto che gli ultimi secondi in cui la può guardare non li paga. Si passa un dito sulla guancia e il polpastrello si macchia di rosso. Si pulisce sulla camicia.

Si avvicina alla libreria, guarda la foto in cui lui e Laura sono assieme, abbracciati, sullo sfondo il Parc Guell e l’ultima estate. Prende il libro dalle pagine ingiallite. La copertina è strappata in alcuni punti. Cerca la dedica “Buon compleanno papà, ti voglio bene. Laura”. Una scrittura familiare, sbiadita dal tempo.

Si siede sul divano, alla luce di una debole lampada inizia a leggere le prime righe: “Era inevitabile: l’odore delle mandorle amare gli ricordava sempre il destino degli amori contrastati.”

Poi porta il libro al naso, come ogni volta cerca di sentire il profumo di sua figlia anche se non è possibile.

tutte le fotografie di Mattia Belletti.

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