Alpaca

un racconto di Stefano Tarquini.

Fai sempre questo gioco in cui non vinco mai, hai scordato le regole che tu stessa avevi inventato, ti passi i capelli dietro l’orecchio e poggi la fronte al finestrino.

 Il vento è forte e sbatte alcuni rami contro di te. Non fai una piega, ti senti al sicuro, sei forte. La notte ti avvolge ma non hai paura e cominci a parlare. Del futuro che non abbiamo, del passato che è passato ed ha lasciato tracce spesse come trincee nel territorio carsico dei tuoi pensieri. Dei tuoi affetti che sono solo tuoi.

Dei tuoi luoghi che sono solo tuoi, che non dici a nessuno, che proteggi come si protegge la mela che hai rubato dal giardino della vicina a sei anni. È rossa, è talmente rossa che pare una supernova, e la nascondi sotto la giacca salmone impermeabile che non fa passare l’umidità e i cattivi pensieri. Corri a farti la doccia, tua madre ti chiama, è quasi ora di pranzo, sei sudata come un maschio, odori di pozzolana.

Dove metterai la refurtiva?

Ti guardo dall’altra parte del sedile, dovrei rivestirmi ma non mi va, rimango nudo ancora un poco. I treni continuano ad attraversare la stazione fantasma senza rallentare, così ci sorprendono con il loro andirivieni sempre uguale, riflettendo dal retrovisore le loro astute intenzioni, fare luce.

Oggi non piangerai.

Te lo sei scritto sul palmo della mano prima di uscire, ogni tanto lo guardi e sorridi con gli occhi gonfi che sembri un alpaca. Scavalchi la recinzione perché sei agile, corri per il paese dormiente fino alla chiesetta della primavera. Fai le scale a due a due. Il prato sta ricoprendo tutto, si sta riprendendo i doni che gli uomini hanno fatto a Dio, e ti senti perfettamente a tuo agio.

Mi fai notare che hai le guance asciutte, ti senti forte, non scenderà una lacrima stasera dai quei tuoi occhi porpora che sono solo tuoi.

Non cammino più ormai, non camminiamo più ormai, ingrasseremo. Siamo fatti così, lo so.

Teniamo al nostro fuori il giusto, accarezzando il nostro dentro con più tenacia.

Ma sei bellissima mentre lo dici, e non vorrei nessun’altra, e non ti so parlare, non ti so più guardare, mi limito a vederti lontanissima dall’altra parte del sedile, mentre col pensiero dove sei? Con chi sei oggi? Con chi stai parlando?

Perché non ci sono mai quando ho bisogno di me, non ci sei mai quando ho bisogno di te.

Ma tu sei lì, a modo tuo tu sei lì. Allungo il braccio e posso toccarti. Se parlo mi rispondi, se parli ti rispondo. Ti ho portato la merenda per domani, ci posso fare colazione? Dipende. Frughi nella borsa che nasconde qualsiasi cosa, mi passi uno shampoo iniziato che non ti piace, lo finirò io, e una bottiglietta di acqua tonica. Me la puoi aprire per favore?

Da quando ci vediamo salto la cena, sono sei giorni ormai, sei di seguito che non ci vediamo, domani ho la bilancia. Domani sarai magrissima. Dopodomani ancora di più.  La luce della sera bollicine intermittenti, sorrisi alla deriva.

all pictures by Luke Gooden.

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