Alone, Omen III

un racconto di Julius (first appeared on L’Urlo).

Il kick non ha le frequenze giuste, Fabio ha detto così e io mi fido.

Mi alzo e vado a prendere una birra dal minifrigo; la cerco con la mano mentre guardo Ableton riavviarsi per un aggiornamento di windows e non la trovo, quindi guardo dentro e vedo gli scaffali vuoti. 

Sbuffo, mi metto le scarpe e scendo di casa, ma piove e non ho ancora comprato un ombrello, anche se vivo qua da due anni. Tiro su il cappuccio della felpa e infilo le mani in tasca, gli anelli mi gelano le mani. ottobre non era così freddo l’anno scorso, me lo ricorderei.

Seguendo il marciapiede inzuppo i piedi in una pozzanghera.

Le Vans assorbono tutta l’acqua sporca e mi infradiciano i calzini. Passo di fronte alla libreria della mamma di Matilde e mi si stringono le corde vocali, sento un groppo in gola. Rallento mentre la supero, per vedere all’interno nel negozio sperando di trovarla lì, ma c’è il ragazzo nuovo. 

Arrivo al Crai con la felpa umidiccia e i capelli da post doccia. Muovo le gambe sullo zerbino con lo stesso scopo di un cane che esce dal mare in Baywatch.

Entro e saluto la commessa, è la mamma di un vecchio compagno delle elementari che non sento più da qualche anno, era simpatico. Passo per il reparto orientale e afferro tre buste di noodles istantanei, e compro due cartoni di Bud, vado a pagare con la carta ma è in rosso, quindi tiro fuori le monetine.

Non arrivo all’importo esatto, ma la commessa mi abbona un paio di euro. 

Esco ringraziando, tiro sul il cappuccio e imbocco la via di casa, ma lei non è più lì: si è spostata circa cento metri in avanti, compenetrandosi in quella dei vicini. Sbuffo pensando alla prossima riunione condominiale, apro il portone e salgo al mio appartamento.

Apro la porta, mi siedo e a metto otto birre in frigo e quattro in freezer, poi mi siedo al computer, ma quel kick proprio non mi viene.

tutte le foto di Nick Rufo.

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