una raccolta di Khan Klynski
editing di Stefano Tarquini.
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mi basti saperti arrestare in quell'attimo antico tra due parole e d'un soffio bambino, fischiare l'eterno riposo ai ricatti d'un dio, e si guardi intorno l'ombra che adoperi il fianco alla luce mischiare le ossa nel vento per rimanere fede, come per sete al deserto un tulipano tra le spine sapersi alla terra, dirsi seme o carestia ma respirare
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non è dell'ombra radice parola per ciò che incede nella voce parola che osservi levitate montagne, maschere e miraggi
parola bruciarsi alle ali l'aurora ch'è salda, parola salvarsi all'amara speranza parola succeda a questa stagione d'inciampi
sui nostri diari, sul nostro segreto, su nostra madre
nei piccoli tramonti di sangue in fili di seta parole per ritornare rami
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resta su queste mani ch'è tardi per porgere un bicchiere d'acqua al cielo resta un tetto spiovente tra noi d'inverni ai fuochi accesi un indicarci d'ombre e scodelle per dire nel silenzio nubifragi, le lingue in resta alle battaglie se finalmente persa è la promessa prossimi al fiato, al secco, al palmo di ressa infinita dal grano per le vene d'anziani canti e danze sottovoce,
chi abbiamo perduto sa la notte, chi adesso più non resta a riposare, chi rimane indietro e cerca un faro
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esista fiore del mandorlo, su questo giorno di vetro soffiato, spandere sulle traverse il nostro vuoto ceduto su specchi d'acqua avanzata ai catini, mastelle o secchi riprendersi dal pozzo discorso e mai sospeso ricordo, fosse una virgola di grigio muovere vene imprudenti e fasci di lume in figure d'ovatta cadute in cera coprente timore, se sia passato un anno di sospiri oppure nulla, carezze detratte dagli ultimi richiami l'eterno traverso in cerotti sui piccoli boccioli, fiammiferi del mondo
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e tornerei a questa notte con te dove la notte per noi riposi il mezzo sul resto d'una notte più preziosa, dalle coperte incollati ai tetti franati sul sonno ingordo d'albe, e farfalle e lacrime artificiali,
e aspetterai sulla soglia la rotta di parole prive di vita, di morire ridotto ad eco, all'elemosina d'un suono un giorno ormai lontano aver aggiunto un senso onesto al sotterraneo nome,
se lascerai bruciare dentro labirinti che compongono mostri e amarezze difenderò lo strappo dai ricami del male
(mai ammetteremmo al sole d'aver tradito il cosmo)
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mai dalla bocca di un portico solo t'avrei gridato al mondo avanzato da sotto le bombe che siamo vivi,
entro una goccia di sangue assorta ancora liberi d'un tango a pensarci punti di sutura su tutto ciò che vale
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noi ti dico di noi come una colla a caduta libera in direzione mancata, obbligati per quanto siamo stati e siamo stati sempre scoglio deviazione e penitenza, sole e solo sole per pochi spicchi di sogno in tasca qui dove si ferma il loro cielo a pensare d'ognuno nell'intento che più cede, credersi mare e non della terra, al vostro margine strapparci cornici dal voi, dall'ora, dai giuramenti su vecchi libri dimenticati in vita, poche sveltine, appelli dell'ultimo singhiozzo, bussole di poco respiro e sigilli lisci bramati a brandelli o stelle assicurate ad altro bordo
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a questa bocca d'ordigni inesplosi, ai primi amori attenti un sole mai dato alle mani, ci parlerà di se un deserto di cartoline mai spedite e squallide mansarde male assortite, voragini di vita impropria piantonati al cemento, sia del farsi veloce promessa la sera un respiro un altro altrove un soffio dalla fine
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ancora una freccia al cielo e non esisti, nessuna risposta ai sogni e non esisti allo specchio dall'ombra in forma d'argento,
ti rendo una piccola nuvola mentre si sfascia d'azzurro il silenzio su questo piano ammezzato e non esisti,
agli spari dal buio non esisti,
non esisti mentre ti abbraccio al mio respiro evaporato in cenere e ci guardiamo al vetro spariti,
in quest'ora sui vicoli affiatare la notte derelitti alle corde, delitti in relitti promessi indirizzi promiscui al disordine improvvisi,
esposti poi contorti, esplosi in cori spariti alle gole
e non esisto e non esisti
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le tue spalle son precipizi su cui si fonde una città deserta e qui, dove il martello affonda tra le tempie e il rompicapo ad anni luce dalla fine del mondo non resteranno che tegole, cimeli invertebrati d'un riflesso sulle montagne di rifiuti sbocciati nel suono delle strade senza suolo, senza il tuo volto, senza più voce come le croci di cristallo che hai svestito per ricucire vecchi abiti al midollo, così sarà il dolore seppellito nascosto tra le fronde del tuo collo
tutte le foto di Grace Martella.