un racconto di Anonimo.
Sono immersa fino al collo in parole che scorrono più veloci del fluire del mio stesso pensiero, che non hanno forma se non nell’istante esatto in cui le singole lettere si associano a formare stringhe di caratteri con un significato ben preciso – e a me per prima oscuro.
Parole instabili che continuano a muoversi di un moto perpetuo anche nell’istante in cui sembrano adagiarsi sulla carta; che non trovano pace e si uniscono al tutto che scorre.
Considerazioni che scaturiscono da una mente in preda al nulla e desiderosa di abbandonarsi a un’insensata ricerca di senso.
UN TETRO TEATRO A MEZZANOTTE
Si alza il sipario: un palcoscenico.
Vuoto.
Così ci comportiamo come semplice materia, come gas in espansione.
Occupiamo egoisticamente tutto lo spazio a disposizione.
Viviamo di ombre e di specchi, di specchi su cui si riflettono ombre.
Accecati dall’oscurità, filtriamo la realtà attraverso la soggettività.
Incuranti, solo a volte consapevoli, delle nostre lenti appannate e visioni distorte, illudiamo noi stessi fantasticando mondi al contrario.
Troviamo sollievo in barlumi di imprevedibilità, da cui cerchiamo di scorgere un disegno già definito.
Assumiamo un atteggiamento di resa di fronte a un ignoto macchinista che crediamo più competente di noi nell’incidere il nostro sentiero. Lasciamo a lui il compito di muovere i fili delle nostre marionette.
Alziamo mura, ci chiudiamo in fortezze. Pur consapevoli di quanto ciò non possa che nuocere alla nostra esistenza, persistiamo.
Teniamo il capo chino, temiamo di guardare in alto.
Insoddisfatti di ciò che possediamo, fuggiamo da ciò che fino a un secondo prima era l’oggetto del desiderio. Perenne equilibrio instabile tra ciò che cerchiamo e ciò che scacciamo.
E così sprofondiamo in un baratro sempre più profondo, precludiamo ogni forma di nutrimento all’anima, che da sola deperisce, vuota.
Se per un attimo, un solo attimo, poteste osservare da fuori lo spettacolo di cui ci crediamo protagonisti, prender parte alla commedia umana come semplici spettatori!
Non vedreste che uomini intenti a recitare battute di copioni non scritti per loro, costumi regali indossati da umile gente, che lavandosi il volto si strucca la pelle da volti non propri, sciacquandosi via un velo di finzione; uomini che errano nell’illusione di essere altro, quando non sono altro che sé.
Pieni di peccati, rimorsi e rimpianti e gli occhi di pianti, visi sgualciti e cuciti con toppe al contrario.
Vedreste gente intenta a proiettare le proprie paure sulle pareti di casa, sporcandole di fantasmi che fanno a gara per apparire più mostruosi. Gente che si dimena, che corre agitando le braccia, intimorita che una goccia di pioggia invisibile a occhio nudo possa bagnare, rendere trasparenti le vesti che nascondono la vera identità. Uomini colti dalla paura di rimanere vagabondi, senza una maschera sotto cui rifugiarsi.
Li vedreste impegnati in una danza incessante, correre in cerchio ripetendo la solita filastrocca, inciampando nelle stesse fessure, che aprono e trasformano in varchi profondi; cadere in trappole di cui loro stessi sono artefici, confermando l’ineluttabile binomio che più si addice al genere umano: creatori e distruttori.
Possibile che non riusciamo a essere attori migliori ?
tutte le foto di Ho Wing Ka.