un racconto di Sibilla.
Può capitare di rimanere improvvisamente soli.
Anche se magari lo si è sempre stati.
Non è come si può facilmente immaginare, un processo, un susseguirsi di eventi.
È immediato, un lampo, impercettibile.
Un attimo prima aspetti il tuo solito pullman, bevi il tuo solito caffè, un attimo dopo sei solo. Condannato fatalmente dalla grande idra della solitudine. È per il tuo bene, ti hanno sempre detto.
Ma dopo anni di bugie, lei ti ha studiato, ti ha capito.
È la tua miglior consigliera. Ha aspettato una vita per portarti via da quella insulsa, inconsistente massa brulicante di anime vitree. Sapeva che tu non potevi appartenergli. L’ha sempre saputo.
Sapeva che a discapito delle tanto care opinioni e dell’amor proprio, la tua anima era diversa da tutte le altre.
L’esperienza è densa. Svuotato da ogni consapevolezza usuale, la tua mente rinnega tutto il sapere antecedente a quel folle secondo, e sei solo. Solo ed esposto. Non nudo. Hai ancora la pelle a proteggerti dal mondo. Ma sei senza alcuna via d’uscita immerso in un nulla incontemplabile, in uno spazio bianco senza aria, senza sentire, senza tempo. Il tuo corpo esiste, ma tu no, il mondo esiste, ma tu no. Non puoi farci nulla, se non lasciare che accada, lasciare che sia qualcosa di più alto e puro persino della tua razionalità e del tuo istinto a guidare quella carne misera e decadente.
Perché tu non puoi più esistere, non ne hai più consapevolezza.
Allora ti lasci finalmente guidare dall’idra della solitudine, una creatura che ti ama come una vera madre, che si avvolge dolcemente intorno a te e ti seduce sussurrandoti all’orecchio parole che sanno di morte, e di verità. Lei non ti mentirebbe mai, mai. Ma ti confonde.
Le sue mille bocche fameliche sono smaniose di rivelare oracoli preziosi, si sovrappongono, bramose di riempire il tuo vuoto di conoscenza di una sapienza nuova e reinventata.
Ti porta via. Da tutto.
Sei lontano, riesci a capire che si sta creando una spaccatura tangibile tra te e il resto e non ti senti più così vulnerabile, ma l’abbandono è ancora così concreto e pulsante sul tuo corpo dal momento della scelta, in ferite incalcolabili, aperte, sanguinanti, vive. Di te non resta che una carcassa vuota, che procede per mera inerzia, divorata dai suoi stessi vermi, corrosa da un tormento dubbioso che l’idra fedele ti istilla, materna, presente, ossessiva.
Continui imperterrito a distaccarti da ciò che davvero esiste, non sai ancora bene cosa provare e come provarlo, sei ancora in fase di programmazione.
Se solo non fosse per quella persistente sensazione di disgusto che senti per l’unica cosa umana che ti è rimasta: la tua corporeità. È spaventoso, il poter essere così fragili, il poter indossare solo una pelle che puntualmente ci tradisce, è tremendo pensare che sei imprigionato qui. E per di più, sei solo. Non è minimamente possibile pensare di poter sfiorare nessuno, niente, perché questo è ciò che ti è stato dato.
Tutto ciò che puoi fare è prendertela con un qualunque dio abbia potuto architettare una simile pena, perché nessun inferno biblico può comparare tutto questo.
Ma senti ancora le voci rassicuranti dell’idra trascinarti lontano.
Sangue. È solo sangue. È sempre solo, sangue. Non avere paura.
Lo maledici. Continui a maledirlo, quel tuo dannato sangue, che continua a scorrere, quel tuo cuore che continua a battere, quei tuoi polmoni che strenuamente si contraggono per una volontà che non è mai stata la tua. Che non sarà mai biologicamente tua. Maledici una vita costruita su una spontaneità non tua. Maledici tutte le colpe che non hai.
Ma poi torni sempre. Alla fine, torni sempre, non puoi farne a meno.
Per quanto tu sia solo, per quanto il mondo ti abbia abbandonato, per quanto ogni verità ti abbia lasciato, per quanto tu sia innocente di fronte a una realtà così cruda, così sporca… tu, tu ritorni sempre
Non puoi fare a meno di essere come tutti noi, anche se essere implica automaticamente essere mediocre.
Da questa giostra non scenderai finché il tempo non avrà emesso una sentenza, mentre l’idra si aggrappa alle tue debolezze, e sarà con te ogni volta che chiuderai gli occhi, prima di addormentarti.
Saranno sempre le sue labbra spietate a mormorare le parole che descrivono così bene ogni singolo millimetro dei tuoi cari demoni. Saranno sempre loro a interrompere la quiete. A rompere il silenzio.
Ricorda solo di tornare.
tutte le foto di Przemek Krawczykowski.