Nel mondo della letteratura ci sono dei giorni in cui il tempo si ferma. Quando succede non possiamo fare altro che guardarci intorno, sconvolti.
Il giorno in cui Luigi Pirandello ha scritto le ultime parole di “Il treno ha fischiato” è stato uno di quelli.
Questa è Se fosse nel Super Tramps Club, la rubrica che si confronta con i grandi classici del passato, rivisitandoli.
Noi Vagabondi abbiamo rivestito Pirandello, gli abbiamo dato un sottofondo musicale su cui ballare. E questo è il risultato.
Il Belluca della novella è un impiegato obbediente, un contabile mansueto e preciso, che un giorno però inizia a comportarsi in modo insolito, al punto che i colleghi e il capoufficio insistono perché sia ricoverato in un ospedale psichiatrico.
Abbiamo provato a scrivere un racconto ispirato alla storia di Belluca. Un altro impiegato, un altro tipo di treno. Si intitola “I vagabondi: canto di una notte diversa dalle altre” ed è una festa, un omaggio al grande autore.
è più o meno a questo punto che abbiamo deciso che non era abbastanza.
Abbiamo provato a scrivere un finale alternativo per la novella. E questo è il risultato.
Orbene, cento volte questo vecchio somaro era stato frustato, fustigato senza pietà, così per ridere, per il gusto di vedere se si riusciva a farlo imbizzire un po’, a fargli almeno drizzare un po’ le orecchie abbattute, se non a dar segno che volesse levare un piede per sparar qualche calcio. Niente! S’era prese le frustate ingiuste e le crudeli punture in santa pace, sempre, senza neppur fiatare, come se gli toccassero, o meglio, come se non le sentisse più, avvezzo com’era da anni e anni alle continue solenni bastonature della sorte.
Inconcepibile, dunque, veramente, quella ribellione in lui, se non come effetto d’una improvvisa alienazione mentale.
Tanto più che, la sera avanti, proprio gli toccava la riprensione; proprio aveva il diritto di fargliela, il capoufficio. Già s’era presentato, la mattina, con un’aria insolita, nuova, e – cosa veramente enorme, paragonabile, che so? Al crollo d’una montagna – era venuto con più di mezz’ora di ritardo. Pareva che il viso, tutt’a un tratto, gli si fosse allargato. Pareva che i paraocchi gli fossero tutt’a un tratto caduti, e gli si fosse scoperto, spalancato d’improvviso all’intorno lo spettacolo della vita. Pareva che gli orecchi tutt’a un tratto gli si fossero sturati e percepissero per la prima volta voci, suoni non avvertiti mai.
Così ilare, d’una ilarità vaga e piena di stordimento, s’era presentato all’ufficio. E, tutto il giorno, non aveva combinato niente.
La sera, il capoufficio, entrando nella stanza di lui, esaminati i registri, le carte:
E come mai? Che hai fatto tutta la giornata?
Belluca lo aveva guardato sorridente, quasi con un’aria d’impudenza, aprendo le mani.
Che significa? aveva allora esclamato il capoufficio, accostandoglisi e prendendolo per una spalla e scrollandolo. Ohé, Belluca!
Niente, aveva risposto Belluca, sempre con quel sorriso tra d’impudenza e d’imbecillità su le labbra.
Il treno, signor Cavaliere.
Il treno? Che treno?
Ha fischiato.
Ma che diavolo dici?
Stanotte, signor Cavaliere. Ha fischiato. L’ho sentito fischiare…
Il treno?
Proprio così, ha presente quel mezzo di locomozione a vapore composto da vagoni?
Certo, perdiana!
Allora vede, ci capiamo.
Belluca, ma come si permette?
Vede signor Cavaliere, ieri notte, mentre lavoravo compilando le mie misere e noiosissime scartoffie, ho sentito un fischio. Un rumore forte, continuo. Il mio timpano stranamente l’ha accolto dolcemente, cullando il suono nella mia testa. Ormai ero distratto. Continuavo a ripensare a quel fischio e a che cosa l’aveva provocato. Il treno, che invenzione meravigliosa. Così comodo e pratico. Ho iniziato a pensare, e se prendessi davvero un treno? Pensi che vivo davanti alla stazione e non l’ho mai fatto. Allora ho iniziato a immaginare… scrivo una lettera alle mie coinquiline, scendo protetto dal buio, trascino la mia piccola valigia fino al primo binario per il posto più lontano. Parto. Prima di scendere voglio attendere a lungo, non voglio rischiare di dover tornare indietro. Intanto mia suocera si sarà svegliata e avrà letto incredula “Parto, non torno. Credetemi morto. Portate avanti voi la baracca. Stupide vecchie”. A quel punto sarò già nelle foreste del nord Europa, starò giocando con la fantasia degli elfi, mentre respiro quell’aria così pura e delicata. Stacco un pezzo di corteccia da un pino, non troppo grande. E’ il mio primo viaggio devo toccare ogni cosa, come un bambino. Riparto. Voglio andare nelle Bismark, lì l’acqua è trasparente, non c’è nessuno che ti importuna. Vedo il fondale, in lontananza due pescatori parlano su una piroga. Fa un caldo incredibile, ma sembro non accorgermene. Aspetto finché non giungo fino alle steppe della Mongolia. Qui i cavalli corrono liberi, non si vede anima viva. Gli arbusti si attaccano ai miei pantaloni e scorgo in lontananza delle montagne enormi. Mi sento così insignificante nel centro della pianura di fronte a quei giganti. Mi rimetto in viaggio e…
Ora basta Belluca, sei completamente impazzito. Scalone venga, mi aiuti a portarlo in ospedale
Si fermi, signor Cavaliere! Non ha mai pensato a quanto è misera la nostra vita. Non crede che la ripetitività uccida? Se non lo pensa la capisco, anch’io lo credevo fino a che non ho sentito il treno fischiare. Rifletta. Ogni giorno lei fa le stesse azioni, lei si mantiene in vita per forza d’inerzia. Potrebbe dare davvero valore ai suoi momenti. Può trasformare ogni trascurabile secondo in un momento di trascurabile felicità. E non ci vuole una magia, un cambiamento radicale o un’invenzione geniale. Oh no, signor Cavaliere. Lei forse non sa che l’uomo ha inventato il teletrasporto, o meglio, lo ha sempre avuto. Ce l’ha donato madre natura, ed è proprio qui, nella sua testa. Adesso si sieda, e siediti anche tu Scalone. Fiiiii Fiiiiiiiii Fiiiiiiiiiiiiiii fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii. Si parte signori. Si accettano suggerimenti. Si esaudiscono sogni. Lei signor capoufficio dove ha sempre desiderato andare?
Oh, Belluca…
Coraggio.
Sa, ho sempre sognato di passare le vacanze di Natale in Svizzera, ma mi tocca stare con i parenti.
Benissimo, un espresso per lo Zermatt per il Cavaliere fii fiiiiii.
E’ incredibile, c’è una pista da sci fantastica. Che paesaggio. Le case poi, sono come le ho sempre immaginate. Qui fanno una cioccolata deliziosa.
Coraggio signor capoufficio, si può sforzare di più.
Ora sono in Tanzania, il parco del Serengeti è immenso. Lì c’è una giraffa che spoglia i rami di un albero. Più in là, sotto quel cespuglio c’è un branco di leoni, il maschio si crogiola al sole, mentre la femmina è vigile nell’ombra. Il suo obiettivo è un po’ distante, c’è un gruppo di gazzelle che si stanno dissetando ad un piccolo lago. I loro movimenti così nervosi lasciano presupporre che abbiano già capito qualcosa. Quando la leonessa balza in piedi le più prudenti si mettono in fuga subito, all’impazzata. E’ un tripudio di versi e rumori.
Stupendo Cavaliere, e tu invece Scalone?
Io sono in Borgogna. In un vigneto, non mi può vedere nessuno. Rubo l’uva come quando ero ragazzo e scappo anche se non c’è nessuno. Corro giù per il ponte della cittadella. Supero il borgo, la gente parla, io non la capisco. Mi metto su una riva del fiume. Inizio a mangiare, assaporo ogni acino. Quando ho finito mi stendo. In lontananza mi sembra di vedere un castello. Non me ne preoccupo, l’erba mi punge la schiena. Sorrido.
Bravissimo, lo vedete? Ognuno può sentire fischiare il proprio treno. Mentre siete soli, di notte o di giorno, viaggiate. Questi sono i viaggi più belli che farete, scegliete con cura i vostri compagni d’avventura e che cosa portare. Decidete voi per dove, l’importante è partire. Non esitate più, fischiate e lasciatevi rimbombare quel suono così penetrante nella testa. Non date del folle a chi si getta in questo vortice. Parlare con un pazzo significa essere scossi nel profondo delle proprie convinzioni, allora lo scacciamo, non vogliamo più vederlo, lo rinchiudiamo in un manicomio. Se invece vi lascerete scuotere vedrete che, grazie a un po’ di follia, domani sarete più sani di mente.
Nel mondo della letteratura ci sono dei giorni in cui il tempo si ferma. E poi ci sono giorni come oggi, in cui, qui al Super Tramps Club, i treni che fischiano diventano due.
illustrazione di copertina dall’album The Killing Jar (2012) dei Black Moth.