un’intervista di Giulio Frangioni.
Non è un mistero che le librerie indipendenti siano una nostra passione.
Lo scorso martedì è uscito il secondo numero di Turchese, la nostra rivista letteraria, che ospita undici racconti da urlo a firma di altrettante straordinarie penne. Ma oggi non siamo qui per parlare delle autrici e degli autori di STC.
Per una settimana intera è stato possibile acquistare Turchese soltanto dal nostro shop online perché ci stavamo preparando a questo momento. Inizia ora una settimana di meraviglie, a partire dall’articolo che state leggendo. Da oggi trovate il nostro piccolo grande tesoro anche alla Libreria Luxemburg di Torino, in Piazza Carignano (per l’esattezza Via Accademia delle Scienze, 3).
Sempre a Torino, la Libreria Trebisonda di San Salvario (Via Sant’Anselmo, 22) ospiterà giovedì 6 ottobre non soltanto Turchese, ma tutte e tutti noi, vagabondə del Super Tramps Club. Se verrete a trovarci alle 18,30 incontrerete Teresa Fraioli, Quincy Baltimore, Federico Scarpin e Giulia Jo Zavaroni, che avrò l’onore di intervistare insieme alle fotografe di Turchese 2.
Sabato 8 ottobre invece sarà la TOMO Libreria Caffè di Roma (Via degli Etruschi, 4) a fare da sfondo alla chiacchierata vagabonda tra me, Giovanni Locatelli, Riccardo D’Aquila, Quincy Baltimore, Morgana Chittari e Alessandro Tesetti.
Luxemburg, Trebisonda, TOMO. Tre librerie indipendenti, tutte e tre interessate alle connessioni umane prima che alle vendite. Abbiamo scelto questi tre luoghi per la nostra rivista perché volevamo che Turchese si sentisse a casa, coccolato da persone che intendono la libreria proprio come noi intendiamo l’editoria. Un’occasione per condividere, per sentirci vicine e vicini attraverso le storie.
Ma volevamo che fossero loro a raccontarvelo, non noi.
Libreria Luxemburg, benvenuta. A partire da oggi sei ufficialmente la prima libreria a ospitare Turchese 2. Come vi rapportate, in quanto libraie e librai, con un prodotto di editoria indipendente come questo?
L’editoria indipendente è essenziale per il mondo dell’editoria, ma prima di tutto bisogna capire a che cosa ci si riferisce. La vera editoria indipendente, secondo noi, è quella che riesce a mantenersi affrancata dalle pure logiche di mercato.
È vero che qualsiasi impresa editoriale deve generare profitti per sopravvivere, a meno che si torni a un passato di forte mecenatismo, che aveva come base l’idea che gli utili delle grandi aziende andassero investiti per generare cultura. Questo è un processo che in questo paese non si è più verificato.
La cultura ha smesso di generarla, purtroppo, anche il mondo dell’editoria.
Persino il mondo dell’istruzione è ormai legato soltanto all’intento di scolarizzare quante più persone possibile, ma non genera cultura. Ce ne rendiamo conto dai numeri, basti pensare che in Italia due o tre persone su dieci leggono qualche libro in un anno, o che i giornali a più alta tiratura vendono 50-60 mila copie, considerato che per loro l’online non corrisponde neanche al 4% del loro margine.
L’editoria indipendente è quindi utile come editoria di ricerca pura. Ha uno sguardo buttato anni avanti, riesce a metabolizzare quello che succede intorno e lo risputa fuori. In un libro o in una rivista come la vostra. Il lavoro che stanno facendo oggi i magazine lo notiamo prima di tutto da come vengono recepiti dai giovani, perché è un canale di comunicazione diverso rispetto a quello a cui si è abituati. Le agenzie di distribuzione dovrebbe capire che sarebbe un bene anche per loro aiutare chi realizza progetti di questo tipo.
Libreria Trebisonda, è un piacere avervi qui. Siccome giovedì saremo da voi a presentare Turchese 2, sorge spontanea una domanda, anzi due. Quanto trovate che eventi, reading e presentazioni siano utili alla diffusione dei libri? E in particolare, cosa ne pensate nel caso delle riviste letterarie?
C’è chi dice che le presentazioni non contano nulla, anzi: essendo noiose e scontate, finiscono per essere controproducenti. Io invece sono proprio per la presentazione classica ed è quella che propongo più spesso, con letture dal libro. Nella presentazione classica due o più persone intelligenti, che hanno letto il libro (più libri in realtà) in questione, ne parlano in maniera avvincente, a volte ironica, a volte – pensa te – emozionante.
È sempre più difficile nella quotidianità assistere a fenomeni del genere.
Poi ci sono altri tipi di presentazione: ad esempio la discussione a più voci, su vari temi e quindi di solito vari titoli, il reading con o senza musica, con supporti audiovisivi vari; la presentazione caccia al tesoro, gioco dell’oca e via dicendo; io resto per la forma classica, mi fa tornare ai tempi in cui ascoltavo Alessandro Baricco in Pickwick parlare di libri alla TV.
Aiutano, le presentazioni? I libri di esordienti, oppure pubblicati da piccole case editrici, acquisiscono visibilità che altrimenti non avrebbero. A volte, poi, tante presentazioni corrispondono a parecchie copie vendute.
Il titolo del libro viene nominato sui social, magari appare sul giornale (locale), qualcun* si incuriosisce, lo legge e lo consiglia, appare in libreria dove viene consigliato, inizia così un percorso che può restare un viottolo accidentato in groppa a un asinello oppure, una volta su un milione, trasformarsi in un viaggio lussuosissimo sull’Orient Express.
Esistono, sì, le forme intermedie.
Nella diffusione di buone letture, poi, il ruolo delle riviste letterarie è sempre più importante. Ma lo è anche, soprattutto, per chi scrive. Pubblicare uno o più racconti vuol dire sia incuriosire lettori e lettrici che in futuro magari seguiranno con più attenzione l’uscita di un libro; sia avere la chance di essere notat* da chi, in una casa editrice, sta cercando voci nuove da pubblicare.
Inoltre, in un panorama asfittico e creativamente conservatore come quello italiano, è bello vedere che vivono e continuano a nascere riviste dedicate a forme brevi, brevissime di narrativa.
Ciao Libreria TOMO, sono contento di avervi qui. Mi sembra giusto concludere questa breve intervista con una domanda relativa al mestiere di libraiə nello specifico. Come pensate che sia cambiata la vostra professione negli ultimi anni, anche e soprattutto in relazione all’editoria indipendente?
Ciao, sono Nicoletta ed esprimo il mio punto di vista, che è quello di direttrice di una libreria di quartiere indipendente romana di media grandezza. La Libreria Tomo, per scelta di assortimento, dai primi giorni di apertura e ancora adesso, dedica molte energie, spazio fisico, scaffali, parole e tempo agli editori indipendenti, supportandoli fin
dal loro esordio, sperando che questo lavoro li aiuti a creare un’identità e a essere riconosciuti nel vasto mare dell’editoria.